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Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

martedì 27 ottobre 2015

Abolire il Corpo Forestale dello Stato, cui prodest? *

Non abbiamo scritto prima sulla proposta di abolire di fatto il Corpo Forestale dello Stato perché non credevamo che la politica arrivasse a tanto.
Invece il Decreto Madia sulla riforma della pubblica amministrazione ha partorito il topolino. Dopo una lunga gestazione è diventato legge e quindi siamo in attesa dei vari decreti attuativi.
Uno dei tanti in preparazione avanzata è la riforma del Corpo Forestale dello Stato. Di fatto questa struttura confluirà nelle altre forze di polizia fino ad esaurimento del personale.
 Facciamo una premessa: uno Stato moderno per difendere l’ambiente deve avere delle buone norme e un efficiente apparato di applicazione e di controllo.
Delle leggi abbiamo più volte riferito su questo giornale.
Della osservanza, applicazione delle norme e la eventuale repressione dei reati ambientali il CFS è l’unico corpo nazionale di polizia giudiziaria specializzato in settori delicatissimi e fondamentali quali la tutela dell’ambiente, del patrimonio boschivo e degli animali, la lotta all’abusivismo, il rispetto della convenzione Cites sulle specie protette e le indagini sugli incendi boschivi.
Inoltre, il Corpo Forestale dello Stato ha fino ad oggi rivestito un importante ruolo nella sorveglianza dei Parchi, Nazionali ma non solo, e che considerevoli porzioni demaniali dei Parchi italiani sono oggi gestite direttamente dagli Uffici Territoriali per la Biodiversità del CFS.
Ma allora perché abolire il CFS? E a chi conviene la sua soppressione?
Corpo forestale dello Stato (foto dal web)
L’idea viene da lontano e ora è arrivata in dirittura d’arrivo. È iniziata con un disegno di legge di Ettore Rosato ed altri deputati del Pd.
Si vuole risparmiare sulla macchina dello Stato, ma viene da chiedersi: perché cominciare da un Corpo come quello Forestale che da sempre dà – nonostante il suo organico ristretto (sono 7260, meno dei vigili urbani di Roma) – una buona prova di se’ soprattutto per quanto riguarda i reati ambientali (10.200 accertati nel 2013)?
In seguito ad una crisi economica, per promuovere la crescita bisogna sacrificare la tutela dell’ambiente.
Infatti, leggendo tra le righe del decreto legge n. 5 del 9 febbraio 2012, appare un articolo 14 dal titolo molto significativo: “Semplificazione dei controlli sulle imprese”, la cui motivazione dichiarata era di limitare al massimo i controlli sulle imprese al fine di recare alle stesse “il minore intralcio” possibile; raggiungendo il colmo quando stabiliva che i controllori devono conformarsi  al principio di “collaborazione amichevole con i soggetti controllati al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità” (principio per fortuna cancellato dalla legge di conversione). Ma il messaggio agli organi di controllo pubblico è rimasto: in questo momento di difficoltà economica, le imprese devono essere lasciare in pace – afferma in un intervento pubblico Gianfranco Amendola, magistrato ed esperto in norme ambientali -  meno controlli si fanno meglio è. Tanto è vero che lo stesso articolo, nella stesura definitiva, non invitava le imprese a collaborare con i controllori pubblici, ma si rivolgeva a questi ultimi affinché fossero loro a “collaborare” con gli imprenditori, senza dire come.
Infatti, la legge non decreta tassativamente la soppressione del Cfs ma, sotto il titolo Riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato“, demanda ad un decreto governativo delegato  il compito di “riordino delle funzioni di polizia di tutela dell’ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, ferme restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell’ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale“.
E’ vero invece che se davvero si avesse a cuore la tutela del territorio e dell’ambiente, si dovrebbe rinforzare questo Corpo, che è palesemente sotto-organico rispetto alle mansioni che gli sono affidate (in tutto il Piemonte sono appena 406).
Tutto ci fa pensare che l’eliminazione del Corpo Forestale è una spia di una tendenza generalizzata che si chiama “disattenzione per l’ambiente”. “L’ambiente come optional”, come lo definisco io.
Noi della sezione di Castrovillari  del Club Alpino Italiano  esprimiamo forte preoccupazione per l’eliminazione del CFS: sicuramente questo è il primo segnale al quale  seguirà la chiusura dei Parchi nazionali (sempre nella ottica del risparmio); infatti, mentre si attendono comunicazioni sugli organi di gestione dei parchi (il nostro non ha il consiglio direttivo scaduto a dicembre del 2013) si ha notizia dall’inizio del 2014 di almeno tre tagli ai finanziamenti previsti dallo Stato sia per le aree naturali protette a terra che per quelle a mare. A quanto risulta al WWF il capitolo di bilancio “gestione interventi Parchi nazionali” ha registrato un taglio di circa 865.000,00 euro, passando dagli originari 5.800.000 circa di inizio anno agli attuali 4.960.000,00 circa (un taglio del 15%).

In compenso, per fare un paragone oltralpe, la Svizzera ha deciso di raddoppiare i fondi per i parchi nazionali a partire dal 2016.




* Articolo pubblicato su PASSAMONTAGNA, periodico del Club Alpino Italiano, sezione di Castrovillari

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