Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Io sono sempre dello stesso parere: sino a quando non sarà rinnovata la nostra classe dirigente, sino a quando le elezioni si faranno sulla base di clientele, sino a quando i Calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.
Umberto Caldora (lettera a Gaetano Greco Naccarato, 1963)

martedì 16 maggio 2017

Riflessioni sulle modifiche alla Legge quadro sulle Aree protette. (Prima parte)

Leggendo e rileggendo i resoconti parlamentari sul dibattito in seno alle modifiche e agli aggiornamenti da apportare alla Legge sulle aree protette, risalente al 1991, sono arrivato alla conclusione che il legislatore ha voluto completamente stravolgere le finalità di una norma. Essa andava sì rivista e adeguata ai giorni nostri e alle nuove esigenze di una civiltà che è in continuo movimento, tuttavia,
Parco nazionale dell'Appennino lucano. Bosco misto
cambiare 29 articoli non significa modificare una vecchia norma, bensì riscriverla completamente.

Leggo dalla nota introduttiva e riporto
L’articolo 1 interviene sulla classificazione delle aree naturali protette e disciplina la definizione di parchi nazionali con estensione a mare.
L’articolo 2 consente di destinare il gettito del contributo di sbarco per finanziare interventi per la tutela dell’ambiente in taluni comuni.
L'articolo 3 prevede il coinvolgimento del Ministero della difesa nella procedura per l'istituzione delle aree protette in cui siano ricompresi siti militari.
Gli articoli 4 e 5 contengono numerose modifiche che riguardano rispettivamente la disciplina dell’ente parco e quella del regolamento e del piano del parco.
Gli articoli 6 e 7 intervengono rispettivamente sulla disciplina relativa alla procedura di rilascio del nulla osta dell’Ente parco e su quella riguardante gli indennizzi.
L’articolo 8 detta un’articolata disciplina finalizzata a integrare le norme che regolano le entrate dell’Ente parco.
L’articolo 9 introduce nuove disposizioni per la gestione della fauna selvatica nelle aree protette.
Gli articoli 10, 11 e 12 modificano rispettivamente la disciplina per l’istituzione, la gestione e la programmazione delle aree protette marine.
L’articolo 13 riguarda la vigilanza sui gestori di aree protette di rilievo internazionale e nazionale.
Gli articoli 14 e 15 intervengono sulla disciplina riguardante le aree naturali protette regionali, confermando il divieto di attività venatoria, e l’organizzazione amministrativa.
L'articolo 16 attribuisce al direttore dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta i poteri, attualmente esercitati dal rappresentante legale del medesimo organismo.
L'articolo 17 modifica il quadro sanzionatorio delle violazioni della legge quadro.
L'articolo 18 prevede l’istituzione del Comitato nazionale per le aree protette.
L’articolo 19 istituisce i Parchi nazionali del Matese e di Portofino.
L'articolo 20 precisa che per il Parco nazionale dello Stelvio si provvede in conformità a quanto prevede l’intesa dell’11 febbraio 2015 sull’attribuzione di funzioni statali e relativi oneri finanziari del Parco nazionale dello Stelvio.
Le modifiche di cui all'articolo 21 sono volte a prevedere che l’istituzione di parchi e riserve marine nelle aree marine di reperimento debba avvenire sulla base delle indicazioni del programma triennale per le aree protette marine, nonché a ridenominare le aree marine di reperimento di Capo d’Otranto e di Capo Spartivento.
L’articolo 22 modifica una serie di articoli della legge quadro, allo scopo di sostituire i riferimenti a disposizioni abrogate ovvero a operare interventi di coordinamento tra le innovazioni introdotte dal provvedimento in esame e le norme vigenti.
L’articolo 23 prevede il trasferimento delle sedi legale e amministrativa del Parco nazionale Gran Paradiso in due distinti comuni del Parco.
L’articolo 24 attribuisce all’ente parco nazionale la competenza a svolgere funzioni autorizzatorie in materia di paesaggio per gli interventi da realizzare nei parchi nazionali.
L’articolo 25 attribuisce nuove funzioni al Comitato paritetico per la biodiversità, concernenti il coordinamento e la promozione di azioni integrate per le aree protette.
L’articolo 26 modifica la disciplina riguardante l’individuazione delle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale.
L’articolo 27 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per l’istituzione di un unico Parco del Delta del Po.
L'articolo 28 disciplina la delega al Governo per l'introduzione di un sistema volontario di remunerazione dei servizi ecosistemici.
L’articolo 29, infine, reca la clausola di salvaguardia concernente l’applicazione della legge alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.

Parco nazionale Appennino lucano . Viggiano.
Albergo del Pastore (foto Pisarra)
La nota introduttiva al documento, fotografa la situazione attuale delle aree protette, a seguito dell’ultima relazione del ministro dell’ambiente sullo stato di concretizzazione delle norme contenute nella Legge Quadro 394/91.
A parte i dati sulla superficie protetta (10.50% del territorio nazionale, pari a circa di 3.163.590,71 ettari a terra, 2.853.033,93 ettari a mare e 658,02 chilometri di coste) ricadente in 871 aree protette secondo un vecchio Elenco ufficiale risalente al 2009 e in fase di aggiornamento, la relazione non entra nel merito dell’attuazione delle vecchie norme e non argomenta sulla necessità così impellente di “metter mano” in forma così radicale, tanto che, a mio parere, è stata completamente riscritta, al punto che oso dire che siamo di fronte a un nuovo dettato, che non ha nulla a che fare con il testo originale. Inoltre non è vero che la legge quadro non è stata mai adeguata: ha subito “adattamenti” nel 1997, nel 2000, 2003 e 2007. Modifiche e adattamenti, che di volta in volta, hanno stravolto lo spirito e la volontà dei primi firmatari. 

Un altro pasticcio è l’adeguamento della legge quadro con le norme previste dalle varie direttive europee che il nostro ordinamento deve recepire al fine della tutela della biodiversità europea attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse europeo.

Come dire che ci sono ambienti, animali e specie vegetali di interesse europeo e altri di interesse nazionale.
Una vera e propria follia, in quanto queste aree facenti parte della RETE europea NATURA 2000, nella quasi totalità (si parla del 79%) ricadono nel nostro sistema di aree protette nazionali.
Come spesso accade, la Direttiva europea “HABITAT” e poi quella “UCCELLI” complicano ulteriormente la già difficile situazione italiana, AGGIUNGENDO nuove classificazioni, quali:
1.   SIC (Siti di importanza Comunitaria, che a breve diventeranno ZSC, Zone Speciale di Conservazione)
2.   ZSC (Zone Speciale di Conservazione).
È ovvio che tutto questo non giova alle finalità di Conservazione che la Norma si pone (poneva) come obiettivo principe; piuttosto rende ancora più difficile la sua attuazione in quanto non è ben precisa la linea di comando e gli obiettivi di interesse da perseguire, i quali devono rimanere in mano allo Stato centrale e non alle comunità locali.

Parco nazionale Appennino lucano. Escursionisti in salita verso
il Santuario della Madonna di Viggiano (foto Pisarra)
Analizziamo uno per uno le modifiche, senza entrare nel merito di tecnicismi fatto di commi, lettere e quant’altro.
All’articolo 1 si aggiunge alla definizione di cosa sono i Parchi nazionali, naturali e regionali, le riserve naturali anche le RISERVE MARINE. Le quali a loro volta sono costituite: da ambienti marini, dalle acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti ricadenti nel demanio marittimo, che presentano un rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche, fisiche, biochimiche, con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e costiere.
Non bastando tutto ciò, le Riserve marine sono anche definite in base al Protocollo di Ginevra e in funzione della Strategia nazionale per la biodiversità.

Ricordo che il Protocollo di Ginevra, risale al 1985 e prevede norme di salvaguardia per i luoghi che presentino valore biologico ed ecologico e diversità genetica delle specie, oltre a livelli accettabili di popolazione.
La Strategia nazionale della biodiversità, rappresenta uno strumento per l’attuazione della Convenzione sulla Diversità Biologica (adottata il 5 giugno del 1992), al Summit mondiale di Rio de Janeiro delle Nazioni Unite.

Un altro comma a questo articolo aggiunge le aree protette transfrontaliere, ossia quei parchi di confine che coincidono con altre superfici simili di stati vicini: penso allo Stelvio o al Gran Paradiso.
Ho seri dubbi che i francesi del Mercantour o gli svizzeri dell’Engandina vogliano avere a che fare con noi, visto lo stato a “spezzatino” di come è ridotto lo Stelvio o le varie iniziative di “valorizzazione” che interessano il Gran Paradiso, soprattutto nel settore valdostano.  

Altro comma “interessante” a questo articolo riguarda i Parchi nazionali che hanno estensioni a mare (credo che si riferisca al Cilento, ma non solo), a seguito di istruttoria da parte dell’ISPRA, consideri queste superfici come aree contigue, ma soggette alle disposizioni relative alle aree protette marine.

Viggiano. Il Santuario della Madonna di Viggiano(foto Pisarra)
Non è più semplice considerarle aree protette marine ed evitare questo pasticciaccio di competenze?
Altri commi sempre dell’articolo uno riguardano l’integrazione delle aree della Rete Natura 2000 con i le aree protette “nostre” con la novità che la parte di superficie non compresa nell’attuale perimetro di un’area protetta sia di competenza dell’Ente parco gestore corrispondente.

Altro comma: l’istituzione di un nuovo parco assorbe tutte le aree protette, nazionali, regionali o locali che sono comprese nel suo territorio.
Purtroppo questo comma non è retroattivo, per cui la questione delle varie riserve naturali orientate che ricadono – per esempio – entro il perimetro del Parco nazionale del Pollino continuano ad essere gestite dai rispettivi enti.

In questo articolo uno è regolato anche il compito e il ruolo dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Il Comma 2 a questo primo articolo ribadisce che tutto questo ambaradan deve essere realizzato senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.   

L’articolo due invece contiene una curiosa novità: i comuni isolani dove sono presenti aree protette devono destinare la tassa di sbarco:
·       alla tutela ambientale;
·       alla conservazione della biodiversità;
·       al ripristino o al restauro di ecosistemi naturali e del patrimonio archeologico e culturale;
·       alla promozione del turismo sostenibile del territorio;
·       ad attività di educazione ambientale.

A questo proposito mi viene in mente un’altra idea geniale, lanciata a suo tempo dell’allora Ministro dei Beni culturali Veltroni, il quale proponeva di restaurare alcuni monumenti di pregio con i proventi dal gioco del lotto (!!!).

L’articolo tre invece “norma” i rapporti con il Ministero della Difesa a proposito di istituzioni di parchi dove siano ricompresi siti militari.

Anche qui un piccolo “inghippo”. L’articolo prevede che si proceda all’istituzione del Parco sentito il ministero della difesa che si esprime entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta. Tuttavia l’articolo non prevede il “silenzio-assenso”.  

Rimane invariata la norma che prevede l’istituzione del Parco nazionale con decreto del Presidente della Repubblica, mentre per le riserve basta il decreto del Ministro dell’ambiente, sempre dopo aver sentito la regione.

Parco nazionale dell'Appennino lucano.
Una piattaforma petrolifera immersa tra i boschi  (foto Pisarra)

Invece l’articolo 4 interviene sull’organizzazione dell’Ente Parco.
Rimane invariata l’ubicazione della sede, la vigilanza a cura del ministero dell’ambiente e i vari organi elettivi, ad esclusione della Giunta esecutiva.
La durata dell’incarico è pari a cinque anni e può essere confermata una sola volta.
Novità sostanziali riguardano la carica del presidente e del direttore.
Il primo, è nominato con decreto del ministro dell’ambiente, d’intesa con i presidenti delle regioni, nell’ambito di una terna proposta al ministro e composta da “soggetti di comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche o private”. Se entro quindici giorni le regioni non avanzano dubbi si procede alla nomina. Se non si raggiunge una intesa in questo lasso di tempo il ministro procede di autorità previo il parere delle commissioni parlamentari competenti entro trenta giorni.

In questo articolo si è fatto un passo avanti e uno indietro. Cominciando dal passo indietro: il comma non prevede nessuna esperienza e titoli in materia ambientale del candidato a presidente; nel secondo caso (un passo avanti) sono determinati per leggi i tempi di nomina del nuovo incaricato.
Altro passo avanti è contenuto nella legge che prevede durante la vacatio della nomina del presidente e del consiglio direttivo proroga delle cariche del Presidente e dei componenti del Consiglio direttivo.

Parco nazionale dell'Appennino lucano. La Laura (foto Pisarra)
Anche in questo articolo lo Stato centrale abdica in favore delle province e delle regioni a statuto speciale che ancora una volta regolamentano con proprie norme la materia.

Altri commi (7-8) equiparano i compiti e le mansioni del Presidente dell'Ente Parco e dei componenti del Consiglio Direttivo ai presidenti delle città metropolitane, sindaci, presidenti delle province con popolazione superiore ai 30.000 abitanti.
In uno di questi commi si parla dello stipendio omni comprensivo che verrà stabilito dal ministro dell’ambiente in accordo con il Ministro dell’economia; l’onere è a carico del bilancio del parco.
Anche in questo caso la norma non prevede nessun criterio alla base dello stipendio del presidente e lascia molta discrezionalità al ministro.
Invece è introdotto un nuovo comma che prevede l’incompatibilità della carica di Presidente con qualsiasi incarico elettivo, tanto più con gli incarichi negli organi di amministrazione di enti pubblici.
Un altro comma disciplina la composizione del Consiglio Direttivo, distinguendo solo tra parchi con meno o più di venti comuni.
Il primo ha sei componenti; il secondo ne ha otto.
Un fatto positivo: la norma non prevede più il parere delle regioni, per cui il ministro ha trenta giorni di tempo per nominarli. Quest’ultimi sono scelti tra persone qualificate nella conservazione della natura o nella gestione delle aree protette o tra i rappresentanti della Comunità del Parco.
Un altro “commetto” invece suggerisce che il 50% sia indicato dalla Comunità del Parco; mentre la restante parte dei componenti sia scelta tra esperti in materia naturalistica ambientale su indicazione: uno del Ministro dell’ambiente, uno dell’ISPRA indicato dal Ministro dell’ambiente, uno delle associazioni di protezione ambientale e uno delle associazioni agricole nazionali più rappresentative individuato dal Ministro delle politiche agricole sulla base delle indicazioni provenienti dalle medesime associazioni.

Un’altra occasione perduta per togliere dalle mani la gestione del territorio da parte di soggetti locali portatori di interesse come i sindaci e i rappresentanti delle associazioni di categoria. È ovvio che sommando i numeri la maggioranza non è in mano a coloro che hanno a cuore le sorti del territorio, bensì il pallino è nel campo degli interessi dei sindaci e delle organizzazioni agricole.

Anche in questo caso perché coinvolgere gli interessi del Ministero dell’agricoltura? Perché non gestire i parchi con lo spirito della Conservazione solo con i mezzi e il personale del ministero dell’ambiente?

In questo caso, a mio avviso, si è persa l’occasione – ancora una volta – di creare una sorta di Servizio Nazionale dei Parchi in capo al Ministero dell’ambiente sulla scia del National Park Service americano: avrebbe garantito autonomia, conservazione e progresso per i popoli che vi abitano dentro l’area protetta.
Questi “minestroni gestionali” non portano da nessuna parte.

A questo segue la tempistica delle nomine: entro quarantacinque giorni si designa un nuovo Consiglio direttivo; trascorsi altri trenta giorni dalla scadenza di tale termine il presidente esercita le funzioni del Direttivo fino all’insediamento del nuovo Consiglio.

Anche in questo caso, a parte i tempi (la norma vigente parla di centottanta giorni) si è persa l’occasione di mandare come nel caso dei comuni un commissario esterno: utile e necessario.

Altra questione interessante è la immediata sostituzione di un componente qualora vengano meno i presupposti di eleggibilità: per esempio, nel caso di un sindaco non più eletto deve essere immediatamente sostituito.

Altra “insalatona”: i bilanci devono essere approvati non più dal solo ministro dell’ambiente ma anche da quello dell’economia. Al vice presidente e ai membri del Consiglio direttivo spettano solo gettoni di presenza per la partecipazione alle riunioni; queste somme sono sempre a carico del bilancio dell’ente parco.
Inoltre il Consiglio direttivo nomina il Direttore del Parco.
Altro problema: oggi è lo Statuto che definisce gli obiettivi dell’Ente, in futuro sarà un Regolamento approvato dal ministro dell’ambiente.

Inoltre, riguardo ai revisori dei conti, la norma prevede che uno sia nominato dal ministero dell’ambiente.

Il DIRETTORE

La scelta avviene nell’ambito di una terna di soggetti, compilata a seguito di selezione pubblica, in possesso di laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di particolare qualificazione professionale.
A questa selezione possono partecipare:
- dirigenti pubblici, funzionari pubblici con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica;
- persone di comprovata esperienza professionale di tipo gestionale;
- soggetti che abbiano già svolto funzioni di direttore di parchi nazionali o regionali per almeno tre anni;
- nonché persone che abbiano esperienza di gestione di aree protette marine per il medesimo periodo.
Il contratto non è superiore a cinque anni (minimo tre) e rinnovabile una sola volta.
È scomparso l’albo dei direttori dove si accedeva per titoli e per concorso.

Un’altra occasione persa per regolamentare una procedura concorsuale di Dirigenti dei Parchi attraverso un pubblico concorso per esami e titoli. Eppure si aprirebbero almeno altri mille posti di lavoro.

Infine, questo articolo regolamenta anche la pianta organica, il monitoraggio degli obiettivi e lo svolgimento delle attività del parco.

L’articolo 5 disciplina il Piano del Parco e regolamenta l'esercizio delle attività consentite non soltanto entro il territorio del parco, ma anche nelle aree contigue ad esso.

È interessante come un comma disciplini il divieto di esercitazioni militari e “espliciti” tra le attività vietate l’attività venatoria.

Mentre le deroghe al Regolamento sono regolamentate dal Regolamento approvate dal Ministero dell’Ambiente d’intesa con le regioni interessate.
Questo è uno dei passaggi chiave: le intese. Fino a quando ci saranno le intese con gli “interessati” non ci sarà mai autonomia di scelta e di indirizzo e i parchi continueranno ad essere dei surrogati come le vecchie comunità montane dispensatrici di contributi per la Sagra della salsiccia e della soppressata.

La Val d' Agri e il Lago del Pertusillo visti dal Monte Raparo.
(foto Pisarra) 
A questo si aggiunga la tempistica riguardo tutto l’iter per l’approvazione del Regolamento del Parco e si ha la netta percezione che questo sforzo immane di cambiare la legge 394 è vanificato da una serie infinita di lacci e laccioli che ti consentono di cambiare tutto per non cambiare niente.

Dopo che sono state scritte centinaia di pagine su come si predispone un Piano del Parco ecco che la Norma ne esplicita ancora più in dettaglio i contenuti, interessandosi perfino delle aree contigue, dove si disciplina la caccia recependo i calendari venatori delle singole regioni e attuando le norme previste dalla legge sulla caccia.  



IlPiano del parco può prevedere:
contratti di collaborazione e convenzioni con le aziende agricole singole o associate presenti nel territorio del parco,
servizi di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base specifiche convenzioni;
agevolazione o promozione, anche in forma cooperativa, di attività agro-silvo-pastorali tradizionali direttamente connesse alla conservazione di specie selvatiche o habitat naturali;
agevolazione o promozione del restauro dei beni archeologici, storici e culturali, e di ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo connesso alla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale.

Aliano. Carlo Levi e ... Emanuele Pisarra!!
Si prevede in particolare che una quota parte di tali attività deve consistere in interventi diretti a favorire l’occupazione giovanile ed il volontariato, nonché l’accessibilità e la fruizione, in particolare per i soggetti diversamente abili.

Tutto questo deve essere redatto, emendato ed approvato in poco più di sei mesi: pena il commissariamento dell’Ente.

A quest’ora più della metà dei parchi italiani sarebbe stata commissariata!

L’articolo sei riguarda i Nulla Osta.

Il rilascio del nulla osta deve avvenire previa verifica della conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento.
Dopo sessanta giorni vige il regime del silenzio-assenso.
Sicuramente questo è un danno per l’area protetta in quanto spesso e per carenza di personale non si è in grado di aprire e chiudere una istruttoria con questa tempistica.
Solo il Direttore (non più il presidente) ha il compito di prorogare per una sola volta il termine previsto dei sessanta giorni per il rilascio del nulla osta.

L’articolo sette regolamenta gli indennizzi.

La norma distingue gli indennizzi dal risarcimento. Il primo si limita a danni da fauna selvatica nel parco in denaro mentre il risarcimento consiste nella reintegrazione del patrimonio di un terzo a seguito di un atto illecito.

L’articolo 8 si esprime in merito alla entrate del Parco.

Questo articolo introduce anche i commi da 1-septies  a 1 - septiesdecies.
Questi commi normano concessioni autorizzazioni e attività, specifici obblighi di versamento annuale di somme in favore dell'ente gestore dell'area protetta.

Si va dalle concessioni per pontile per ormeggio imbarcazioni, alla possibilità da parte degli enti gestori dell’area protetta di deliberare il versamento di un corrispettivo a carico di ciascun visitatore per i servizi offerti nel territorio dell’area protetta.

Un altro comma dispone che i proventi derivanti dalla vendita della fauna catturata o abbattuta a fini di conservazione di specie e habitat naturali costituiscano una delle entrate degli enti gestori delle relative aree protette.

Altre entrate sono previste con l’istituzione del 5 per mille dell’imposta sul reddito, la cessione del marchio del parco, la stipula di contratti di sponsorizzazione e perfino inserisce l’ente parco tra i soggetti cui possono essere dati in uso pubblico i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata.

Altre entrate si riferiscono alle autorizzazioni che riguardano
·       concessioni di derivazione d'acqua ad uso idroelettrico per impianti di potenza superiore a 100 kw;  
·       alle autorizzazioni all'esercizio di attività estrattive, già esistenti all’entrata in vigore della disposizione, nelle aree contigue a quella protetta. I titolari di tali autorizzazioni sono tenuti a versare annualmente al gestore dell'area protetta una somma pari ad un terzo del canone di concessione, in un'unica soluzione.
·       agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile diversa da derivazioni d'acqua e biomasse, di potenza superiore a 100 kw, ubicati nel territorio dell’area protetta e già esistenti alla data di entrata in vigore della disposizione;
·       alle autorizzazioni all'esercizio di oleodotti, metanodotti e elettrodotti non interrati, ubicati nel territorio dell'area protetta ed esistenti alla data di entrata in vigore della disposizione (comma 1-septies). I titolari di tali autorizzazioni sono tenuti a versare annualmente all’ente gestore dell’area, in un’unica soluzione, per ogni chilometro non interrato, una somma pari a:
·       - 100 euro per oleodotti o metanodotti
·       - 30 euro per ogni linea di elettrodotto ad alta tensione;
·       - 50 euro per ogni linea di elettrodotto a media tensione non isolata;
·       - 20 euro per ogni linea di elettrodotto a media tensione isolata.

Unico commento: un parco d’ora in poi (dopo l’entrata in vigore della legge quadro) può mercificare e quantizzare tutto, a modico prezzo, senza negare un’autorizzazione a nessuno.
Facciamo due conti: per esempio, il Parco nazionale del Pollino è attraversato – tra l’altro – da tre linee ad alta tensione per un totale di circa 100 km. Se moltiplichiamo questa lunghezza per 30/Km euro otteniamo un totale di 3000 €. Forse un po’ poco per risarcire il territorio dall’impatto ambientale, dalle onde elettromagnetiche e dal rumore.

Non parliamo della questione petrolio. Come ho già riferito su questo blog, il comma è tutto “merito” del presidente del Parco nazionale dell’Appennino Lucano, che si vanta di averlo proposto.
A nessuno passa per la testa che le prospezioni e l’estrazione di petrolio dal sottosuolo è incompatibile con un area protetta: della seria o gli uni o l’altra.

E chi frequenta la Val d’Agri ne ha la prova: miasmi, zolfo, fughe di gas, infiltrazioni nelle falde acquifere non giustificano le royalties che le compagnie petrolifere versano alla comunità.

Fine prima parte

NOTA
Le foto a corredo di questo articolo sono tratte da un reportage realizzato in occasione di uno dei tanti trekking in Basilicata organizzati dall'agenzia NATURALITER 




Nessun commento:

Posta un commento